Mi amo e mi accetto così come sono.
Questa era la frase che si pronunciava durante una seduta con una cara amica, operatrice shatzu.
Facile a dirsi, molto meno a farsi.
Ho impiegato anni a capire il mio valore, ancora legata ai tanti condizionamenti della giovinezza.
Non sei capace.
Non è così che si fa.
Non farai strada.
Non dire quello che pensi.
Non… non… non.
Questo avverbio negativo sembra “non” essere percepito dal cervello come rappresentazione mentale.
“Non pensare agli elefanti viola”.
Bam. Immediati, nella mente si vedono elefanti, magari pure viola.
Eppure, anche in questo contesto si può scegliere.
Io oggi questo “non” l’ho trasformato.
Sicuramente nel linguaggio che uso con i bambini, ma anche nei miei confronti.
In un momento storico privo di certezze, scelgo di fidarmi di me.
Mi fido del mio sentire.
Ascolto parole, punti di vista professionali, schemi nei quali ci si può sentire bene, ma poi decido io.
Non ho più paura di parlare, per timore di offendere. Sta poi all’altro fare ciò che meglio crede di quelle parole.
Non sono più disposta a incasellarmi in quella griglia perché così si deve fare per fare al meglio.
Non sono più una mamma da pilota automatico costantemente inserito, ho imparato a chiedere aiuto e a delegare.
Perché ognuno di noi può scoprire le sue personali risorse, e spesso le trova nei momenti difficili.
Senza paura di piacere di meno.
Trasformando quel “non” in “pienamente”.
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