Tante sono state le etichette che mi hanno appiccicato addosso in quella difficile gioventù.
Io sì, eccome.
O almeno così ero definita. L’adolescente ribelle, la studentessa dell’ultimo banco, in una scuola sbagliata e con la sbagliata attitudine.
Tante le frasi che hanno scavato solchi profondi. Pronunciate da persone che amavo o stimavo.
“Perché non ti impegni? Potresti farlo e non vuoi!”
“Perché non sei come tua sorella?”
“Perché non credi credente? Ti aiuterebbe ad essere una persona migliore!”
“Perché non dimagrisci? Saresti molto più carina.”
“Perché non fai sport? È fondamentale”
Per anni mi sono sentita sbagliata, per anni ho cercato di rimarginare quelle ferite fingendo di essere quello che gli altri volevano da me.
Poi finalmente un uomo che non mi chiedeva di cambiare. La maternità.
E lo tsunami dell’avere una figlia con sdDown.
Amo essere stata una pecora nera, e lo dico con orgoglio: non sarei la Daniela di oggi.
Perciò, per tutte le pecore nere che stanno leggendo, lavorate su voi stesse. Lavorate e trasformate quelle frasi che sono state lapidali.
Partite da ciò che più vi fa male, e considerate il suo giusto peso.
Da lì partite, perdete l’equilibrio, e ritrovatelo, facendovi afferrare la mano da qualcuno che vi veda, che vi veda davvero!
E mai, dimenticate ciò che siete state. È la vostra forza, la vostra base da cui prendere nuova forma.